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1977: l’anno in cui il futuro incominciò

SEMPRE CON FRANCESCO NEL CUORE
Negli ultimi giorni, come moltissime altre realtà sociali e culturali, a causa delle misure precauzionali stabilite per il contenimento del coronavirus siamo stati costretti ad annullare o rinviare diversi appuntamenti pubblici già calendarizzati. Anche le due iniziative che il Centro di Documentazione dei movimenti “F. Lorusso – C. Giuliani” aveva organizzato per l’11 marzo al Centro Sociale della Pace e del 13 marzo a Vag 61 vengono rinviate a una data da destinarsi (forse il 7 aprile). Rimane invece il saluto a Francesco, la mattina dell’11 marzo alle 9,30, davanti alla lapide in via Mascarella, nel luogo dove fu assassinato l’11 marzo 1977.

Mettiamo in rete il testo con cui volevamo presentare le iniziative di quest’anno

SIAMO COLPEVOLI: DI ESSERE COMUNISTI, DI AVERE PROFESSATO PUBBLICAMENTE LE NOSTRE IDEE, DI APPARTENERE AL MOVIMENTO ’77, DI NON ACCETTARE ALCUN COMPROMESSO STORICO
(…) Dalle più grandi città italiane ai più piccoli paesi di provincia sorsero circoli e collettivi di giovani, completamente autogestiti e autonomi, non solo dalle organizzazioni giovanili dei partiti della sinistra tradizionale ma anche dalle organizzazioni delle nuova sinistra. In queste nuove strutture organizzative, c’erano già presenti gli embrioni di quello che, mesi dopo, sarebbe stato il Movimento. Nell’ambito delle sinistre si andava configurando allora il passaggio di una fase ad un’altra.
Le certezze individuali cadevano di colpo, si esprimeva il rifiuto di fare politica in modo tradizionale, ponevamo al centro del nostro agire i bisogni umani, materiali, culturali, cercavamo nuove forme di agitazione e di espressione delle nostre idee. La militanza di molti di noi, fatta per anni all’insegna dell’attivismo più sfrenato, si rivelava molto poco umana nei nostri rapporti sociali e familiari, tutta interna ad una visione eroica del “compagno”, lasciava il posto all’emergenza dirompente delle nostre diversità, a tal punto che le contraddizioni diventavano forze motrici della crescita del Movimento e della sua unità e la consapevolezza delle diversità elemento di forza individuale anziché di debolezza. La vecchia ipotesi di partito, di gruppo, come sintesi delle totalità che altro non produce se non l’appiattimento delle individualità, da migliaia di giovani proletari e studenti veniva abbandonata.
(…) Ciò che si è voluto colpire è quello che rappresentiamo, la nostra colpa gravissima è di essere tenuti responsabili delle autoriduzioni, delle occupazioni delle facoltà universitarie, della contestazione alla amministrazione comunale; affermiamo che quello che si vuole introdurre a livello giuridico è un vero e proprio concetto di “rappresaglia”.

Questo è uno stralcio del documento che i compagni arrestati per i “fatti del marzo ’77” lessero nell’aula del tribunale al processo nell’aprile 1978. Nel presentare le iniziative che anche quest’anno, l’11 marzo e nei giorni successivi, ricorderanno l’assassinio di Francesco Lorusso e le giornate della rivolta del ’77, siamo partiti da quella testimonianza collettiva che rivendicava le ragioni di un Movimento e non si faceva intimorire dalle pratiche repressive dello Stato.
Lo abbiamo fatto perché, a partire da quella stagione, prima con la legge Reale, poi con la legislazione d’emergenza, l’apparato repressivo si è sempre alimentato con logiche da “diritto penale del nemico”.
Nella “repubblica fondata sul lavoro” i governi che si sono succeduti nel corso degli anni si sono sempre posti nei confronti del conflitto sociale quasi esclusivamente nei termini di una sua criminalizzazione. La superiorità della ragion di stato è sempre stata anteposta alle ragioni di chi combatteva lo sfruttamento sul lavoro, la mancanza di un reddito dignitoso, il diritto ad avere una casa, la privazione della libertà e della dignità.
Introducendo norme che rinforzavano la legislazione emergenziale degli anni ’70 (in buona parte ancora in vigore), si è arrivati lentamente a un vero e proprio “stato di polizia”, supportato da pratiche repressive quotidiane fatte di soprusi, arbitrarietà e arroganza, rivolte in primo luogo contro gli oppositori sociali.
Negli ultimi anni più di 20 mila procedimenti giudiziari (fatti di denunce, processi, condanne, carcere e provvedimenti speciali) sono stati rivolti contro le donne e gli uomini che hanno partecipato ai movimenti di trasformazione della società o a pratiche di lotta per la difesa ambientale e sociale nei territori o per contrastare le logiche di sfruttamento nei luoghi di lavoro.
Inoltre, l’apparato repressivo si è affinato inasprendo le forme e gli strumenti di controllo, decretando nuove restrizioni liberticide, per arrivare alle attuali “leggi razziali”, derivate dai decreti Minniti e Salvini.
La battaglia contro questo impianto di leggi “emergenziali” deve essere fatta in tanti modi, sia a livello di critica politica sia facendo crescere una cultura “anti-giustizialista”, per questo abbiamo deciso di attraversare anche con questi temi le iniziative a ricordo di Francesco Lorusso e delle giornate del marzo ’77.
Centro di Documentazione dei movimenti “Francesco Lorusso – Carlo Giuliani”