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Gli archivi dei movimenti tra memoria e conflitto

La celebrazione, negli ultimi anni, di anniversari riguardanti alcuni importanti eventi della storia di classe di questo paese ha riproposto la questione della conservazione e della fruizione delle tracce documentarie che rendono quel passato recuperabile, analizzabile, spendibile nel presente. Tanto in occasione del cinquantennale del ’68 che del quarantennale del ’77, due date emblematiche della stagione di maggiore conflittualità sociale nel nostro paese, le numerose iniziative di approfondimento organizzate da realtà politiche diverse hanno incontrato e per quanto possibile soddisfatto la domanda di conoscenza e l’interesse catalizzatisi intorno a quegli eventi cardine e ai processi storici che li hanno accompagnati.
Ci sembra che il coincidere di tali anniversari in pochi anni ha dato maggiore visibilità e nuova linfa a quei percorsi di conservazione e trasmissione della memoria delle lotte, che dal finire degli anni ’90 compagne e compagni hanno iniziato a costruire. Il rinnovato interesse per queste esperienze può essere ricondotto a motivi che prescindono dalla mera ricorrenza storica, e attengono piuttosto alla necessità di recuperare un frangente storico a lungo negletto o travisato dalla storiografia tradizionale (anche se nell’ultimo decennio la lacuna ha iniziato a essere colmata con lavori di fattura a volte pregevole) e, probabilmente, alla condizione di crisi economico-sociale che stiamo attraversando e che induce a cercare nel passato i fattori di forza delle lotte sociali e le ragioni delle difficoltà incontrate al volgere degli anni ’80.

Riprendendo riflessioni ormai condivise rispetto agli archivi dei movimenti, riconosciamo l’importanza della funzione di conservazione del patrimonio documentario e della riflessione storica e culturale critica che tale conservazione può rendere possibile. Crediamo inoltre che a luoghi di questo tipo, se animati da soggettività politiche antagoniste, soggiaccia un progetto che rimanda alla trasformazione dell’ordine sociale esistente. Pensiamo infatti che – oltre all’urgenza di conservare e rendere disponibili e fruibili documenti che diversamente sarebbero consegnati al deterioramento e all’oblio – l’idea di dar vita a un archivio dei movimenti persegua l’obiettivo di dar vita a percorsi di riflessione e analisi che si traducano in pratiche di resistenza culturale.
Attraverso la costruzione di iniziative, l’allestimento di sale studio per la libera consultazione delle fonti, il coinvolgimento del tessuto cittadino e dei territori in cui queste esperienze si sviluppano è possibile far sì che la memoria diventi strumento di azione nel presente, armamentario a cui attingere per rafforzare le istanze di critica e intervento sociale, ingranaggio collettivo capace di riannodare il filo che unisce le lotte del passato con una visione altra del futuro. Le indicazioni che possono provenire dal materiale conservato sono in questo senso molteplici: di metodo, di pratiche, come anche di valutazione degli errori e dei limiti connessi alle esperienze passate e di superamento dialettico degli stessi.

È a partire da queste riflessioni che abbiamo deciso di impegnarci in un progetto di archivio dei movimenti anche a Roma, il cui cuore è al momento costituito principalmente da documenti riguardanti l’autonomia operaia romana nel periodo compreso tra la metà degli anni ’70 e i ’90, ma che vuole essere un luogo di attrazione per i tanti compagni e compagne che con cura hanno conservato negli anni le tracce della storia dei movimenti capitolini a partire dal decennio sessanta. Crediamo importante avviare il confronto con le esperienze di archivi che portano avanti tali riflessioni e percorsi e quindi rivolgiamo loro questo invito a discutere del senso di dar vita oggi a un archivio dei movimenti e della progettualità ad esso sottesa.

Archivio dei movimenti – Roma