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Un abbraccio, mille abbracci a Gilberto…

Un ricordo di Gilberto Veronesi, da parte di Oreste Scalzone

….. e Oggi Giberto Veronesi/ ecco, un altro addìo – la campana suona per chi, e chi, e chi altri ancora, anche più di una volta al giorno, sempre più spesso, in questo ginepraio  di ”penultimi anni” in cui va trasformandosi il nostro rizòma…
La ‘cerimonia degli addìi’, olre la stessa pïetas, è un farlo ‘per noi’, per accomunarsi nella difficile intrapresa del ‘travail de deuil’ , ‘travagghiu, fatica di elaborazione del lutto, manque, ‘mancamento’. Poi che, come scrisse Stig Dagerman* «Il nostro bisogno di consolazione è indissetabile”…


▓ Su ‘ZIC’, ”Zero-in-condotta” a cui Gilberto partecipò come fotografo nella sua edizione cartacea, così come ad esperienze contigue, affini, successive, Valerio, ”Ciano” ha scritto un ritratto – i nostri medaglioni dei nostri rispettivi e comuni ‘Spoon river’ – che racconta molto. Di Gilberto Veronesi, della sua vita, del fine-vita suo e della sua compagna Valeria. Vorrei trovare altre parole, ma non ho forza di cercarle.

▓  «La morte [come morte] non è un ‘problema’», detto nel senso puntuale dell’antico asserto presocratico («…perché finché ci sei non c’è lei* ; e quando poi c’è lei non ci  sei tu » [*Lei, ‘la Vecchia Signora’, ‘la comare secca’, ‘sôra nostra morte corporale’]…
Sembrava un ‘nonsense’ banale, ma in realtà era contemporaneo : intanto perché un ”problema” che non ammette soluzione – rompicapo, dilemma – può esser una tragedia, ma è ‘pseudo-problema’.
Eppoi anche perché – passando oltre quel ”corporale” che sottende un paradigma dualistico – Francesco di/fu Pietro Bernardone da Assisi preveggeva un olismo ecologistico…morte condizione della vita||…|


▓  Il punto è, però, che la tragedia, lo scandalo, l’inammissibilità il rifiuto (l’angoscia della morte, dalla propria e di persone intime prossime di cui anche siamo fatti, come d’aria e acqua e sogni ; e quella forse ancor più fonda della ‘mortalità’ degerale, fino alla «morte termica dell’Universo» – gli Universi), in qualche modo è scacciata, come ”chiodo da chiodo”, da altr’angoscia ben più singolare concreta, atroce, quella dell’AGONÌA. Quella – che richiama gli antichi fondati terrori delle ”morti apparenti”  – catalessi – e dei ‘sepolti vivi’ {come nelle ‘mummie’ di Ferentillo*}quella contro la cui
eventualità si dispose la procedura del ”croque-morts”*, poi ritualizzata…


▓  È la stessa che si vive – in cui empatìa/syn-pathia/com-passione possono farci identificare, fino al panico all’incubo alla sua temporalità ”soggettiva” – con l’ergastolo, ‘morte infinitamente prolungata’ ; o con la temporalità del letto di contenzione ; o col fine-vita in casi di sclerosi multiple o altre sindromi di tetraplegìa ; o – all’ordine del giorno ! – con la chiusura nelle bare di plexigas di ”terapia intensiva”, e ancor oltre, nell’essere intubati, con o senza tracheotomie, sprofondati in coma popolato di incubi, incubi d’incubi, terrori panici, come Urlo senza voce di Munch come||…|. È la sovrapposizione, il continuum in circolo di ‘spavento senza fine’ e ‘fine spaventosa’ – spavento senza fine come fine spaventosa e, palindromicamente, ‘l’incontrario’…

Voila, questo – mi pare – è. Un abbraccio, mille abbracci, un Addio, Oreste (&con Lucia, qui, da questo ‘rifugio’ a Monghidoro.